LA FESTA DI SANT’ANTONIO A GROTTOLE

Siamo stati colpiti, il 17 gennaio scorso, dalla posizione dal Santuario di Sant’Antonio vicino Grottole e dalla semplicità della cerimonia che si è tenuta quel giorno. Tutti i presenti ci hanno detto:  dovete venire a giugno, è la festa di tutto il paese ! E infatti siamo tornati il 6 giugno, primo giorno dopo la domenica di Pentecoste, e già arrivando nel primo pomeriggio dalla Strada Provinciale 8 abbiamo iniziato a scorgere i pellegrini che si stavano recando, a piedi, al Santuario. Siamo rimasti fino al tramonto seguendo la processione che ha compiuto il tragitto fino all’altare posto su una altura nei pressi. Nel frattempo la folla di pellegrini arrivati in auto, in autobus o a piedi è andata sempre più aumentando. Quando abbiamo lasciato il Santuario era ormai sera ma la festa era ancora in pieno svolgimento, molti pellegrini si preparavano a trascorrere la notte sulla collina per scendere poi il mattino dopo.

“La festa liturgica cade il 17 gennaio, giorno d’inizio del carnevale, ma per comodità metereologiche a Grottole si festeggia il lunedì e il martedì successivi al giorno della Pentecoste. Anche il culto per S. Antuono, come gran parte delle storie sacre, è accompagnato da narrazioni e tradizionali popolari. Anticamente la tradizione voleva che si offrisse a Sant’Antuono un porcellino che, allevato dalla comunità, veniva successivamente sacrificato in suo onore: si trattava di Antonino, il maiale di Sant’Antuono.
Più festosa era la ricorrenza estiva, quando la comunità era in fermento per trascorrere sulla collina di Altojanni, due giornate di festa, in cui l’elemento sacro e quello profano si mescolavano in modo indissolubile.
Si andava a Sant’Antonio Abate a dorso di mulo inghirlandato, per sentieri scoscesi che si snodavano lungo il colle su cui si erge l’antico santuario.
Non pochi erano coloro che andavano a piedi. S’incontravano persino donne che, per adempiere un voto, salivano scalze fin sul colle, ferendosi i piedi tra cardi, spine e sassi. Si marciava per circa tre ore e dalle bisacce spuntavano fiaschi di vino che promettevano momenti di euforia. A cavallo o a piedi, appena giunti sul monte, nel massimo silenzio e raccoglimento, si facevano tre giri intorno alla chiesa. Una cerimonia, questa, che veniva compiuta con scrupolosa meticolosità e con ordine prestabilito di movimenti. Era un modo, secondo la consuetudine, per poter entrare in rapporto con il Santo e tributargli onore e venerazione. Unico vero momento di preghiera era la celebrazione della santa messa e della successiva processione accompagnata da numerosi ceri votivi. I cirii a volte pesavano più di trenta chili ed erano costituiti, almeno quello grande, da 160 candele grandi e da circa 600 candele piccole. Il cirio veniva offerto al Santo e portato a spalla da quattro fedeli che chiedevano o avevano ottenuto una grazia. Il tutto accompagnato da squillanti canti. Il resto della giornata era occasione per stare insieme e dividere il cibo e il vino per far risuonare sulla collina i canti e le musiche che allietavano la festa. Al ritorno della statua in chiesa, la gente si sparpagliava per la campagna, alla ricerca di angoli più ombreggiati per stendervi tovaglie e poggiarvi le cibarie. Fra tanta animazione, si trasportavano le sporte e si accendevano focherelli con sterpi e frasche. In poco tempo nell’aria si diffondeva il profumo dell’arrosto sulla brace e si vedevano visi allegri e spensierati. Più tardi si sentivano delle voci intonare canzoni popolari che esprimevano in modo schietto e immediato il desiderio di ballare. Per i grottolesi la festa continuava sulla strada del ritorno. Le funi venivano fatte passare a cavallo dei robusti rami delle querce e le ragazze, rese più ardite dal vino, non tentavano nemmeno di tenere a bada le gonne al vento dell’altalena. Ancora oggi, anche se la festa ha perso alcuni momenti caratteristici, è molto sentita dai grottolesi che, ogni anno, puntualmente si ritrovano tutti sul monte.” (dal sito del Comune di Grottole)

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