L’Incoronata unisce Basilicata e Puglia
Il Santuario dell’Incoronata, alle porte di Foggia, attira fedeli da tutta la provincia e dalla vicina Basilicata. I rituali mutano continuamente: quelli che riguardano il culto della Madonna Incoronata ora coinvolgono solo in minima parte pellegrini impegnati in lunghe camminate come quelli di Lavello. Anche i cavalli ed i buoi, animali (un tempo) utilizzati per i lavori agricoli sono ora sostituiti dai loro omologhi, trattori e rimorchi. Raccontiamo in queste foto l’ultimo venerdì di aprile 2025, quando si svolge il primo giorno del pellegrinaggio da Lavello (PZ) (tratto Lavello – Ortanova) e, parallelamente, quello dei trattori con i carri addobbati che attraversano vari borghi del Foggiano procedendo verso il Santuario. In questa giornata, nel Santuario vero e proprio, si svolge la “Cavalcata degli Angeli”, una sfilata caratterizzata oggi dall’utilizzo di mezzi agricoli e da una grandissima partecipazione spontanea di fedeli.
Propongo due letture per approfondire:
“L’ultimo venerdì di Aprile si perpetua la tradizionale Cavalcata degli Angeli al Santuario dell’Incoronata. La posizione strategica in cui il Santuario sorge, crocevia di popoli provenienti dal Gargano, dalla Basilicata, dal Basso Ofantino e dalla Campania, ha favorito da sempre il propagarsi della devozione in onore della Madonna Nera. La leggenda narra che nell’anno 1001 il Conte di Ariano, mentre si cimentava in una battuta di caccia, si imbatté in una cerva. Quando stava per colpirla con la freccia, alzati gli occhi al cielo, vide La Madonna sopra una quercia. Allora si inginocchiò ai suoi piedi e promise di edificare in quel luogo una cappella. In quel momento sopraggiunse un povero mandriano di nome Strazzacappa che vide inginocchiarsi davanti alla quercia sacra i suoi due buoi. Alzati gli occhi al cielo, il bifolco pregò la Madonna. Andò alla masseria e presa la caldarella, la riempì di tanto olio quanto gliene sarebbe bastato in una mesata e accese un lume alla Madonna. La leggenda vuole che l’olio di quella lampada non si esaurì mai. Questo scarno racconto ci indica come il culto dell’Incoronata appartiene ai riti arborei del maggio, eseguiti dalle comunità precristiane per ingraziarsi le forze della natura in previsione dell’esplosione della primavera, che ne rappresenta il risveglio. La Madonna nera, infatti, rappresenta la Madre Terra, Iside, e il bambino che ha in braccio la imparenta ad un’altra Madonna nera, quella di Montevergine, che la tradizione popolare vuole essere sua sorella. La devozione popolare per queste Madonne anticamente sfociava nel fanatismo religioso, quando si compivano gesti estremi di penitenza corporea, come ad esempio strisciare con la lingua per terra oppure percorrere gli ultimi chilometri a piedi scalzi o addirittura salire i gradini della chiesa in ginocchio. L’afflusso al Santuario è sempre stato spontaneo, non organizzato dalla Chiesa ufficiale e stupisce ancora adesso come le Compagnie, costituite da fedeli devoti appartenenti ad una comunità, si davano appuntamento in quel luogo. I viaggi di queste compagnie duravano anche settimane intere per chi veniva da fuori regione, mentre per i foggiani duravano tutta la notte. La maggior parte dei fedeli affittavano dei traini che venivano bardati per l’occasione e si incamminavano portando con loro quanto occorreva per un pranzo frugale da consumare nel bosco. Arrivati ai piedi del fiume Cervaro, nel luogo chiamato scalzatoio, i pellegrini proseguivano percorrendo gli ultimi chilometri di marcia a piedi scalzi e cantando canzoni di devozione alla Madonna. Prima di entrare in Chiesa è doveroso fare i tre giri intorno al Santuario. Molti bambini in questa occasione sono vestiti da angelo. Il bambino, e in particolar modo l’angelo, è spesso utilizzato nelle tradizioni popolari come figura di transizione da una condizione all’altra. Non essendo definito sessualmente, egli rappresenta la primavera, ossia il passaggio tra l’inverno e l’estate. L’angelo inoltre ci ricorda l’Arcangelo Michele e come il Santuario dell’Incoronata fosse l’ultima tappa della “Via Sacra Longobardorum”. Attorno al Santuario i pellegrini trovavano le bancarelle dei commercianti che li accoglievano proponendo dolci (‘a cupeta ) e, per i più piccoli, giocattoli. I più caratteristici erano la bambola e il cavallo. La bambola rappresentava Iside ed era fatta di cartapesta riempita di brecciolina. Le madri, quando la compravano per le figlie, raccomandavano loro di comportarsi bene per far si che le pietroline si potessero trasformare in caramelle.” testo di Giuseppe Donataggi dal blog dell’Università del Crocese di Foggia.
“L’ultimo sabato di Aprile 1001 nel Bosco del Cervaro vicino Foggia, la Vergine Maria appare ad un pastore dicendogli: “…non aver paura io sono la Madre di Dio”.
Iniziava cosi il grande movimento di pellegrini che da ogni parte accorrevano e accorrono dinanzi alla statua della Vergine apparsa sull’albero, iniziando ad invocarla con il titolo di Incoronata.
Il Santuario dell’Incoronata entrava così nel circuito dei grandi pellegrinaggi ai Santuari di Capitanata alla stregua di quello di Monte sant’Angelo.
Nel 1218 già il culto all’Incoronta era presente in loco. In un documento dello stesso anno, riguardante S. Maria di Ripalta si legge: “A Santa Maria Incoronata nei pressi di Apricena si era trasferito il monastero Santo Spirito in Gulfignano, che nel 1232 fu riconosciuto grancia di S. Maria Incoronata”.
Il popolo di Apricena fin dal 1583 nella sua chiesa francescana del Convento dei Cappuccini, intitolata all’Immacolata Concezione, gli dedicò un altare (cfr. Cronaca del Fraccacreta). Verso la seconda metà del 1700, nell’antica cappella della Madonna di Loreto “sulla strada che mena a Terranova” la devozione degli apricenesi collocò un’effige lignea; inizia così la storia del NOSTRO SANTUARIO.
Nel 1868 ecco il prodigio: “La statua dell’Incoronata ha mosso gli occhi” (la cosa è attestata dalla dichiarazione giurata del signor Mimmo Antonio). Nell’archivio Comunale si conserva il decreto che intimava la chiusura del Santuario, da parte del Sindaco del tempo Michele Zuccarino, per motivi di ordine pubblico, attirandosi così le ire della popolazione, che passò tutta la notte dinazi al santuario.
Il miracolo è ancora attestato negli anni successivi: in Chiesa Madre l’8 agosto 1908 così si esprime l’allora canonico don Michele Tartaglia: “Nel pomeriggio, sentii gridare insistentemente che la statua aveva mosso gli occhi. Mi precipitai in Chiesa e costatai l’effettivo movimento degli occhi che si alzavano verso il cielo e poscia si abbassavano sulla folla. Ciò a varie riprese, sicchè non si poteva parlare assolutamente di suggestione, tanto più che contemporaneamente vedeva benissimo la gran folla dei presenti. Ricordo benissimo che il dott. Alfonso de Filippis e il postino Michele Campanozzi proprio vicini a me confermavano ad alta voce il prodigio, io non esitati a montare sull’organo di dove intonai le litanie Lauretane, seguito dai fedeli”. Il clamore fu tale da riportare l’effige della Madonna al Santuario nel mese di settembre, dietro richiesta plebiscitaria della popolazione. La stessa testimonianza ci è stata tramandata dal sig. Liuzzi Michele sacrestano della Chiesa Madre.
Sua Santità il papa Pio XII nel 1940 la dichiarava patrona di Apricena.
La cappella ampliata e restaurata tra il 1882 e il 1883 fu dedicata nel 1945 da S. E. mons. Giuseppe di Girolamo e successivamente innalzata a SANTUARIO MARIANO DIOCESANO nel 1955 da S. E. mons. Domenico Vendola. Il 31 maggio 2001 nella millenaria ricorrenza della sua apparizione nel bosco del Cervaro il popolo apricenese, il clero e tra i primi il vescovo Michele Seccia in preghiera implorarono la protezione della madre e della Patrona della nostra Città, accendendo la lampada perenne simbolo del grande amore e della devozione di ogni apricenese vicino e lontano; ma questa è storia di oggi…
In data 02.07.2002 la Sovraintendenza al Patrimonio Storico-Artistico e Demo-etno-antropologico di Bari autorizzava e dava inizio ai lavori di restauro del simulacro della Madonna. Detto restauro ha dato la possibilità di datare l’opera intorno alla seconda metà del 1700, attribuendone all’area della Scuola Napoletana la realizzazione, oltre che mettere in luce la plasticità dei colori, la ricchezza dell’oro e dell’argento e la signorilità dell’immagine, evidenzia anche nelle chiare fattezze, la regalità della Vergine seduta su di un albero che gli fa da trono e la somiglianza a quelle di molte altre immagini, presenti sul territorio e tutte di matrice napoletana.
Il 24 maggio 2004 S. Ecc. Mons. Michele Seccia, Ordinario Diocesano, dopo la lettura della Bolla della Penitenzeria Apostolica, apriva la Porta Santa dell’Anno Giubilare, allo scadere della Cinquantesimo della elevazione a Santuario Mariano Diocesano, della chiesa dell’ Incoronata.
Il 28 Maggio 2004, un altro avvenimento viene a fregiare con un luminoso titolo il nostro Santuario, S. E. il cardinale Carlo Furno, Arciprete della Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore in Roma, comunicava con rescritto della Penitenzeria Apostolica, che il Santuario di Maria SS. Incoronata di Apricena veniva AFFILIATO con vincolo privilegiato alla Patiarcale Basilica Romana di S. Maria Maggiore. (…)” testo di Don Quirino – Parroco della Chiesa dei SS. Marino e Lucia ad Apricena (FG) dal sito del Comune di Apricena.